Facciamo che eravamo amici?

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FACCIAMO CHE ERAVAMO AMICI…?
Le rinunce dei bambini durante la quarantena

La rivoluzione copernicana che, negli ultimi due mesi, ha travolto la nostra vita non ha risparmiato nessuno, neppure i più piccoli i quali, probabilmente, stanno affrontando questi “strani” giorni con lo stupore, il disorientamento e, in taluni casi, la manifesta paura che tutti possiamo provare nelle circostanze più imprevedibili e prive di logica.

➡️ Senza che ci fosse troppo tempo per riflettere sul significato che, per i bambini, poteva avere lo “stare a casa”, le complesse circostanze hanno costretto i genitori ad adottare misure preventive sempre più stringenti, misure che hanno finito per confinare i bambini in un limbo nel quale, uno degli elementi più vitalizzanti e preziosi per il loro sviluppo, è venuto meno: il rapporto con gli altri bambini. I più piccoli si sono ritrovati, dunque, naufraghi su un’ “isola che non c’è”, una terra senza confini nella quale, improvvisamente, non c’erano più la scuola, lo sport, la musica, il catechismo, le attività all’aria aperta ma, soprattutto, non c’erano gli altri bambini.

✔️ Le misure restrittive con cui stiamo facendo tutti i conti richiedono, tuttavia, una riflessione puntuale e responsabile quando parliamo di bambini per la semplice ragione che, se le restrizioni confondono o minano l’equilibrio di personalità già strutturate come quelle degli adulti, non è pensabile che un isolamento forzato e prolungato come quello in atto non abbia effetti, anche a lungo termine, su persone il cui equilibrio, fisico e mentale, si sta strutturando. Ed, inevitabilmente, si sta strutturando anche in relazione agli eventi e alle esperienze che il disastro collettivo che stiamo vivendo trascina con sé.

➡️ Dunque, “stare a casa”, per un bambino, che significato ha?

La risposta a questa domanda diventa ancora più pregnante se pensiamo che, oggi, i bambini trascorrono moltissimo del loro tempo insieme ai loro coetanei sia all’interno degli istituti scolastici (consideriamo, ad esempio, il tempo pieno) sia all’interno delle strutture ricreative (associazioni sportive, parrocchiali, scuole di musica, etc), luoghi protettivi che, non solo svolgono il ruolo educativo e formativo ufficialmente assegnatogli ma che si delineano anche come territori stimolanti nei quali i bambini, a contatto fra loro, possono sperimentarsi ed acquisire quelle abilità sociali, cognitive ed affettive che gli serviranno per affrontare le future esperienza della vita.

⤵️ Si comprende, allora, come per i bambini “stare a casa” non sia un semplice attendere di riprendere le attività scolastiche o sportive ma una pesante rinuncia alla possibilità di avvalersi di quel prezioso incontro/confronto con l’altro da sé che conduce, lungo il tortuoso cammino della crescita, all’incontro con se stessi. Lo stare con gli altri, per i bambini, non è solo una condivisione di tempo e spazio ma un’opportunità evolutiva che conduce, il bambino prima e l’adolescente poi, allo svelamento di sé, dei suoi bisogni e delle sue emozioni e, allo stesso tempo, all’acquisizione di competenze, abilità e attitudini che, insieme agli elementi di natura affettiva, cognitiva e relazionale, concorrono allo strutturarsi della personalità di un individuo.

Oggi, grazie agli studi sull’età evolutiva, sappiamo che i rapporti fra bambini hanno caratteristiche peculiari che non ricalcano semplicemente i rapporti che instaurano con gli adulti ma assumono aspetti di specificità da cui traggono apprendimenti fondamentali. Lo stesso Jean Piaget (1932), celebre psicopedagogista e biologo svizzero, sosteneva che, grazie alle relazioni con i coetanei, i bambini sviluppano quelle competenze di cooperazione e competizione che gli permettono di stare con gli altri in una logica paritaria, ben diversa dalla modalità relazionale asimmetrica che instaurano con i genitori, inevitabilmente, “più saggi e più forti”. Nel rapporto con i coetanei, infatti, mancando le differenze di forza e di competenza, non c’è chi sia riconosciuto, a priori, come portatore di un prestigio o di un potere maggiore e, dunque, le amicizie nascono, oltre che per affinità elettive, anche per quegli scambi reciproci e continui grazie ai quali i bambini imparano ad esprimere il proprio punto di vista e ad accettare quello degli altri.

Tralasciando le considerazioni che si possono fare in merito al ruolo del gruppo classe nell’apprendimento scolastico, considerazioni che meritano uno spazio a sé stante, mi limito a suggerire una riflessione sulla rinuncia che i bambini stanno facendo relativamente alle attività di gioco. Partendo dall’aforisma del filosofo del ‘500 Michel De Montaigne (“I giochi dei bambini non sono giochi e bisogna considerarli come le loro azioni più serie”), sottolineo l’importanza del ruolo che rivestono i giochi fra bambini nel loro sviluppo relazionale ed emotivo. Grazie al gioco, infatti, i bambini acquisiscono abilità complesse come l’empatia ovvero la capacità di vedere il mondo da prospettive diverse, imparano a rispettare i turni, a tollerare la frustrazione dell’attesa, a rispettare le regole, a cooperare, a competere e ad accettare l’esperienza della sconfitta ed imparano a ricorrere al confronto e alla mediazione quando diventa necessario “fare la pace” per riprendere un gioco interrotto a causa di un litigio.

✔️ Questa riflessione che, sicuramente, non esaurisce la molteplicità dei costi dell’isolamento pagati dall’infanzia, intende restituire solo un po’ di visibilità ai bambini ai quali, indubbiamente, è stato chiesto di portare sulle spalle uno zaino colmo di sacrifici senza, tuttavia, che gli fosse completamente riconosciuta la gravosità di tale peso. A mio avviso, invece, è davvero importante dare il giusto riconoscimento all’infanzia sia per non abdicare al futuro sia per crescere nuove generazioni sicure, autonome e capaci di fronteggiare l’esistenza con fiducia ed entusiasmo.

⤵️ Per questo motivo, ritengo che, se realmente vogliamo aiutare i bambini ad attraversare quest’ “isola che non c’è”, mantenendoli saldi sui loro passi, dobbiamo prestare un’attenzione attiva a ciò che stanno vivendo in questo momento.
Prendiamoci, dunque, del tempo per ascoltare i loro pensieri, riconoscere le loro emozioni, per legittimarle e farli sentire compresi, rassicuriamoli se hanno paura, forniamo loro le spiegazioni e le informazioni di cui hanno bisogno per dare senso e prevedibilità a ciò che sta accadendo. In tal modo, li accompagneremo, al termine del tragitto, fino alla sponda dalla quale, sicuri sulle proprie gambe, salperanno per riprendere le attività sospese ma, soprattutto, per ricongiungersi ai compagni di viaggio e di crescita, momentaneamente salutati.

🌈 Auspico, dunque, che al più presto, con tutte le tutele necessarie, i bambini siano “restituiti” ai bambini e che il dialogo fra loro, interrotto tanto a lungo, possa riprendere gioioso e pieno di speranza per un futuro sereno, fruttuoso e colorato come sono colorati i tanti arcobaleni che hanno disegnato in questi giorni.

Dott.ssa Francesca Rotondo
Psicologa – Psicoterapeuta